Premessa: l’articolo tratta di un tema serio usando un linguaggio accessibile ad un pubblico molto vasto. Il punto di partenza sono degli apparenti difetti descritti secondo il linguaggio comune, che potrebbero limitare la competitività delle donne al lavoro.
“Ognuna può diventare leader di un gruppo partendo dalle qualità che già ha”, dice lo psicologo del lavoro Mattia Loy, senior recruiter e fondatore di curriculumvincente.eu: “Ma nessuno stile da solo è sufficiente ed è molto importante riuscire a sviluppare almeno un po’ anche le qualità opposte. Magari aiutandosi con test di psicometria come Lumina Learning®”.
(BRUTTO CARATTERE) I modi diretti e l’energia sono apprezzati anche sul lavoro, come sottolinea Mattia Loy: “Donne così dispongono di una forte determinazione rinforzata dai risultati che sanno raggiungere, perciò fanno bene le team leader o le project manager per progetti a breve termine. Soprattutto nell’era dei millennials, però, questo non basta: l’approccio forte e determinato è funzionale solo se poi si è capaci di instaurare un rapporto alla pari dove è il team a vincere, non l’ego del singolo”.
Essere determinate non vuol dire prevaricare gli altri o mancare di rispetto. “Fondamentale è non interpretare le buone maniere (modi di dire le cose, di pesare le parole, tatto, senso della democrazia) come un limite alla propria espressività e identità”, dice Loy: “ Se non si impara a smussare certi angoli del carattere e ad allenare altre qualità, il rischio è di incarnare lo stereotipo della donna in carriera alla Meryl Streep di “Il diavolo veste Prada”
(INGENUA, INFANTILE) “Gli adulti che hanno saputo coltivare il proprio bambino interiore preservano la scintilla vitale e creativa che altri, sull’onda della tendenza all’omologazione, hanno soffocato”, conferma Loy “ Sottolineo adulti, però: cioè persone che sanno sfruttare questo vantaggio competitivo: genuine e spontanee, ma capaci di gestire emozioni e comportamenti in base al contesto”.
(INTROVERSA) “Sfatiamo un mito”, dice Loy: “non è affatto vero che le persone introverse non amino situazioni social e ricerchino sempre la solitudine. Anzi, hanno grandi capacità di autoanalisi e introspezione, e dal momento che capire ed essere in armonia con se stessi è il primo passo per avere relazioni positive, provano piacere nello stare con gli altri. In più sono riflessive, prudenti, concrete. E grazie alle loro capacità di concentrazione, empatia e capacità decisionale, sono sempre più apprezzate da aziende all’avanguardia. Addirittura, ricerche psicologiche hanno confermato che i migliori venditori sono quelli con livelli medi di estroversione, non alti, meglio se bilanciati da una buona componente di introversione, perché il cliente non si sente aggredito ma i venditori sanno ascoltarlo e metterlo a suo agio, in un clima calmo e disteso”.
“L’eccesso di introversione coincide con certi luoghi comuni che considerano chi è più riservato un tipo chiuso, fisicamente e intellettivamente, con una forte resistenza al cambiamento che invece oggi è più che mai richiesto”, dice Loy.
Pubblicato su Cosmopolitan Italia – Marzo 2018, da pag. 67. Giornalista: Laura Minetto